“Il quadro europeo sta cambiando”
. Il vecchio scenario prevedeva un ruolo chiave dell’Agenzia
Spaziale Europea la cui mission era anche di distribuire fra i vari
Paesi i progetti industriali proporzionalmente quanto ciascuno di essi
contribuiva al bilancio generale.
Oggi,
però, il principio del “giusto ritorno geografico”, per cui a un tot di
contribuzione corrisponde un quot di ritorni nazionali in contratti, è
fortemente contestato dalla Commissione Europea. Per Bruxelles
deve valere il principio del “best value for money”, i contratti vanno a
chi dimostra di sapere ottenere il massimo risultato dal finanziamento
pubblico.
Risultati,
efficienza, competitività di mercato sono dunque un elemento
fondamentale nella gara per la distribuzione dei fondi. Non solo quelli
di Asi o Esa, ma anche di quelli di programmi come Horizon 2020.
La
gara è aperta e può avere dei risvolti imprevedibili, come dimostra del
resto il colpo di scena dell’annunciata joint venture tra Safran e
Airbus per unificare le loro attività nel settore dei lanciatori. Un
progetto che di fatto capovolge l’impostazione industriale su cui aveva
lavorato l’ESA ed apre nuovi interrogativi sullo stesso futuro di Avio.
“Non
è detto che il progetto Safran-Airbus vada in porto anche perché non è senza i punti di debolezza che stanno già
emergendo. I giochi sono ancora aperti”. La mossa dei due gruppi
dell’aerospazio d’oltralpe rappresenta tuttavia un significativo esempio
di come lo scenario del mondo spaziale europeo sia rapidamente in
movimento.
Queste sarebberoo le interessanti considerazioni fatte dal Presidente dell'ASI in occasione della consegna del premio di qualche mese fa ad Antonio Fabrizi il padre del Vega.
Sono ancora valide all'indomani della conferenza ministeriale dell'ESA dove l'Italia vi ha partecipato restando il terzo Paese contributore e se non altro dopo la nascita del colosso Airbus Safran?
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